top of page
  • Immagine del redattoreZetaesse

Carte d'imbarco #10

di DIEGO FERRANTE



BIGLIETTI AGLI AMICI

Pier Vittorio Tondelli, Bologna 1986



Zetaesse, Diego Ferrante. Biglietti agli amici  di Tondelli ha un carattere frammentario al cui interno si mescolano citazioni e riscritture fino a comporre una riflessione intima sulla propria vicenda personale
Edward Hopper, "Morning Sun" (1952)

Riconoscerei subito quegli occhi. Quelle mani. Quella voce. Il modo di scrivere. Quella scrittura è senza dubbio la mia. Sebbene non sempre sappia leggerla e non sempre riconosca la voce che traspare. Brevi annotazioni, correzioni. I piccoli biglietti che ancora scrivo, e ripongo chissà dove, hanno un carattere sempre più privato e concreto. Ma le linee restano uguali a loro stesse, e infondono un certo sentimento di esilio.

Biglietti agli amici è stato pubblicato da Tondelli nel 1986 con una tiratura molto ridotta (una prima stampa di 31 copie, e una seconda di 500) per conservare la natura privata del libretto. Il testo si compone, infatti, di ventiquattro prose brevi, dodici per le dodici ore della notte e altrettante per quelle del giorno, ognuna dedicata a una persona amica e amata. I brani si concludono in poche righe e il componimento ha un carattere frammentario al cui interno si mescolano citazioni e riscritture fino a comporre una riflessione intima sulla propria vicenda personale, sul perché la vita “poteva andare in una direzione piuttosto che in un’altra”. Ogni pagina ha una luce inconfondibile fatta di ricordi e pochi progetti. Una fiducia muta che non nasconde l’angoscia o la stanchezza.


Vedere il lato bello, accontentarsi del momento migliore, fidarsi di quest’abbraccio e non chiedere altro perché la sua vita è solo sua e per quanto tu voglia, per quanto ti faccia impazzire non gliela cambierai in tuo favore. Fidarsi del suo abbraccio, della sua pelle, contro la tua, questo ti deve essere sufficiente, lo vedrai andare via tante altre volte e poi una volta sarà l’ultima, ma tu dici stasera, adesso, non è già l’ultima volta? Vedere il lato bello, accontentarsi del momento migliore, fidarsi di quando ti cerca in mezzo alla folla, fidarsi del suo addio, avere più fiducia nel tuo amore che non gli cambierà la vita, ma che non dannerà la tua perché se tu lo ami, e se soffri e se vai fuori di testa questi sono problemi solo tuoi; fidarsi dei suoi baci, della sua pelle quando sta con la tua pelle, l’amore è niente di più, sei tu che confondi l’amore con la vita.

In quegli anni il tema dell’abbandono è al centro delle riflessioni di Tondelli: nelle letture di Bachman e Barthes, nelle conferenze e nei testi di critica che precedono la stesura del testo (e poi di Camere Separate): “abbandono d’amore, abbandono della persona amata, abbandono delle cose o forse anche della realtà”. I biglietti sono affollati di chilometri percorsi in treno o in aereo, di sale d’aspetto, di amori passati. E se ogni partenza prevede sempre la possibilità di un commiato e di un ritorno, lo scrittore sembra negare che tra i due destini vi sia una differenza. Ogni sua annotazione, così come ogni foglio scritto, porta con sé una spaziatura bianca che avanza. Che somiglia ai ricordi perché come i ricordi e la neve copre tutto.


È forse per questo che l’altra sera, stando malissimo, riusciva a intravedere come forma di desiderio soltanto un quieto immaginario famigliare, Correggio, la sua casa, la casa dei suoi genitori.

In Un weekend postmoderno (1990) l'autore emiliano evoca una scrittura notturna da tre del mattino, “molto silenziosa e assorta, molto ricettiva delle sensazioni e delle immagini dell’esterno e del profondo. Alle tre del mattino, come insegnano Bergman e Cohen, si tirano i conti con la propria vita, ma non burocraticamente, bensì attraverso intuizioni poetiche e sofferte immagini interiori: il sé bambino, la madre, il padre, l’andare, il tornare, il senso impossibile della vita, della felicità, il peso della propria storia”. La scrittura assume ancor più i tratti stanchi e nervosi di una sentinella che racconta la sua veglia. Un sentimento antico quanto doloroso. Chissà quante ore ha la notte. Chissà quali sono le letture da tre del mattino.




*DIEGO FERRANTE

Scrive di filosofia, arti visive e scienze umane. Ha curato la traduzione dall’inglese di vari testi di teoria politica, collabora con il portale online di Micromega Il rasoio di Occam. Si nutre di letture, di arte e foglie di tè. Talvolta ne legge il fondo. È tra i fondatori di zetaesse. Non sa far nodi, non sa scioglierli.


bottom of page