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Strategie di interferenza. La musica di Karlheinz Stockhausen e Brian Eno

di EDA ÖZBAKAY



Stockhausen nello studio WDR durante la composizione di “Kontakte”
Stockhausen nello studio WDR durante la composizione di “Kontakte” https://artsandculture.google.com/asset/stockhausen-kontakte/tQGKNcyWC67-Sw


conforme 


Nel 1999, nella sala del Concertgebouw di Amsterdam, si odono le prime battute della prova generale pubblica del concerto per pianoforte no.20 in re minore di Mozart. Mentre il direttore d’orchestra Riccardo Chailly dirige l’orchestra, Maria Joao Pires, la solista, si appoggia una mano sulla fronte, accorgendosi di aver preparato un altro concerto. A causa di un fraintendimento, Pires, chiamata la sera precedente per una sostituzione all’ultimo, pensava di dover suonare il concerto per pianoforte e orchestra n. 23 in La maggiore K 488. Chailly la incoraggia a  provarci comunque, e Pires suona il concerto previsto, affidandosi alla propria memoria. Che cosa era successo? Il concerto per il quale si era preparata Pires, non era un concerto sbagliato in assoluto, lo è diventato soltanto perché non corrispondeva al concerto in programma, non rispettava il contesto previsto. Si è trattato, quindi, di una deviazione da una norma che stabiliva cosa fosse appropriato o meno in quel momento.

Per potersi trattare di errore occorre la presenza di un sistema, di un’organizzazione strutturale di parametri. Nella storia della musica si possono individuare molteplici sistemi di riferimento, che variano a seconda dell’epoca e dell’area culturale in cui nascono: “Per diventare un vettore di informazioni musicali, il materiale acustico richiede una selezione e un ordine sistematico. Emergono sistemi diversi a seconda dell'area culturale e dell'epoca. Il sistema sonoro occidentale, che risale all'antica Grecia, seleziona i toni (suoni fisici) ed elimina sequenze di glissandi, rumori e colpi. Dei parametri tonali altezza, durata, forza e colore, solo l'altezza è decisiva per l'ordine nel sistema tonale, così come il carattere tonale come identità di ottava.” (dtv-Atlas Musik 1, p.85)

È proprio per questa non-conformità al sistema vigente in cui ci troviamo, che diverse soluzioni musicali possono risultare sbagliate all’orecchio abituato esclusivamente a un determinato sistema. I glissandi e suoni vicino a un sibilo o rantolo, ad esempio, scartati dalle norme del sistema sonoro occidentale, rappresentano invece un elemento integrante della musica africana. Per ottenere questo effetto di colore complementare, vengono spesso aggiunti piccoli accessori agli strumenti, che creano un rumore ronzante quando vengono suonati. A un orecchio abituato esclusivamente a suoni senza questi elementi di disturbo, l’effetto provocato è quello di un’interferenza, di un errore nella purezza del suono, e di conseguenza viene rifiutato. Ciò che ci può far percepire sbagliato o non piacevole un determinato stile musicale, può, quindi, dipendere dall’aspettativa creata dal nostro subconscio. Collocandoci all’interno di una determinata area d’influenza culturale, il nostro cervello anticipa le sonorità che si aspetta in base al sistema in cui ci collochiamo. Aniruddh D. Patel lo spiega come segue in Music, Language and the Brain (p.338):“L'idea che gli eventi musicali possano essere collegati, per implicazione o aspettativa, ad altri eventi è fondamentale per la teoria musicale occidentale (p.es. Meyer, 1956; Narmour, 19190). Queste forze sono particolarmente rilevanti nella percezione delle sequenze armoniche di accordi, dove le progressioni creano coerenza attraverso il contrasto tra gli accordi precedenti (che creano aspettative) e gli accordi successivi (che soddisfano o negano queste aspettative). Pertanto, è perfettamente congruente con ciò che sappiamo della musica pensare ai segmenti musicali come se soddisfacessero o violassero le aspettative create dai segmenti precedenti.” 

All’inizio della storia musicale le improvvisazioni erano molto diffuse, spesso gli abbellimenti melodici erano arbitrari, poiché non scritti; il musicista era, quindi, libero di seguire il proprio virtuosismo, rimanendo, però sempre all’interno delle regole implicite del sistema. Sebbene in epoca premoderna ci siano stati anche esempi di errori inclusi intenzionalmente nelle composizioni, si trattava principalmente di intenzioni di scherzo o parodia, come nel caso della Battalia di Heinrich Ignaz Franz von Biber (1673), un dipinto di battaglia musicale per 10 musicisti. Un altro esempio è lo Scherzo musicale (Ein musikalischer Spaß) di Wolfgang Amadeus Mozart, in cui mette in ridicolo tre tipi di fallimenti musicali. L’introduzione dell’errore, in questi casi, è funzionale per marcare la discrepanza tra ‘giusto’ e ‘sbagliato’; è, quindi, conforme all’utilizzo di regole all’interno di un sistema.



aleatorio 


Cosa succede, invece, se si permette al sistema di andare oltre le regole prestabilite, di tessere una relazione con il caso e diventare imprevedibile? Nel 18. e 19. secolo le teorie matematiche che indagavano il caso e le probabilità erano molto popolari. In questo clima nacquero anche dei giochi musicali basati sul caso: Carl Philipp Emanuel Bach, nel 1757, pubblicò il trattato “Einfall, einen doppelten Contrapunct in der Octave von 6 Tacten zu machen, ohne die Regeln davon zu wissen” (Invenzione di fare un doppio contrappunto nell'ottava di 6 battute senza conoscerne le regole), mentre Wolfgang Mozart, nel 1787, scrisse il suo “Musikalisches Würfelspiel” (“Gioco di dadi musicale”), una composizione basata sul caso. Composto da 176 frammenti già scritti, e alcune istruzioni su come combinare gli elementi in modo casuale lanciando dei dadi, è uno dei primi esempi di musica aleatoria. La stessa tecnica verrà usata anche più tardi, nel 1913, da Marcel Duchamp. La sua prima opera musicale, il primo di due Erratum Musical, consiste in uno spartito per tre voci (eseguito da lui e le due sorelle), di cui ognuna ha una linea melodica, basato su una selezione casuale, estraendo semplicemente dei foglietti da un cappello. Ciò che determinava l’esito della composizione era il momento in cui si sarebbe pescato il biglietto con su scritte le note, un gesto collocato nel presente che non poteva essere né previsto né replicato. La forma compositiva prendeva, quindi, forma con un gesto non intenzionale.





La non intenzionalità offre uno spazio in cui l’espressione spontanea dell’inconscio può manifestarsi. Potremmo dire che si tratta di una forma di lapsus guidato, in cui sì, ci troviamo sempre all’interno di un sistema, ma con l’indicazione di seguire l’affiorare dell’impulso spontaneo. In questo caso non si tratta più di un errore nel sistema, ma di un ampliamento del vocabolario ammesso. Questo tipo di collage sonoro non intenzionale si ritrova in molte riflessioni di Karlheinz Stockhausen (1928 – 2007). Il compositore tedesco, conosciuto per il suo lavoro sulla musica elettronica, aleatoria e intuitiva, riconoscendo l’importanza del momento – questo singolo centro collocato nel presente, ma connesso con gli altri elementi della composizione – lo definisce così: “Voglio quindi definire il termine in modo tale che ogni unità formale riconoscibile da una caratteristica personale e inconfondibile - potrei anche dire ogni pensiero autonomo - in una certa composizione si chiami momento; quindi, il termine è inteso come qualitativo, tenendo conto di un dato contesto, (dicevo: in una determinata composizione), e la durata di un momento è una proprietà tra le sue caratteristiche.” (pp.200, K. Stockhausen, Texte zur elektronischen und instrumentalen Musik, DuMont Dokumente, Band 1)






Il Klavierstück XI (1956) di Stockhausen è uno degli esempi più noti di musica aleatoria europea. È composto da 19 gruppi di note distribuiti su un'unica grande pagina (54 × 94 cm). Le indicazioni date nella premessa dello spartito spiegano in che modo l’opera dovrebbe essere suonata: “Il musicista guarda il foglio di carta senza alcuna intenzione e inizia con un gruppo che ha visto per primo; lo suona a qualsiasi velocità (escludendo sempre le piccole note stampate), volume e tipo di tocco. Una volta terminato il primo gruppo, legge le seguenti indicazioni relative alla velocità, al volume, e alla forma del tocco, continuando a guardare senza intenzione uno qualsiasi degli altri gruppi e lo suona, seguendo le tre indicazioni. Con ‘guardare da un gruppo all'altro senza intenzione’, si intende che il musicista non vuole mai collegare determinati gruppi tra loro o tralasciare singoli gruppi.”(p.70, K.Stockhausen, Texte zu eigenen Werken, zu Werken anderer, Aktuelles, DuMont Dokumente, Band 2) L’invito rivolto al musicista a “non volere”, a non rendere intenzionale il proprio gesto, è la premessa decisiva per permettere al momento presente di manifestarsi. L’affiorare del qui e ora nel momento musicale casuale è reso possibile grazie alla resa intenzionale dell’interprete: “Diciannove gruppi con una direzione temporale sviluppati da un germe comune vengono collegati, influenzandosi direttamente a vicenda, in una grande forma dall'interprete in un modo che dipende, letteralmente, dal momento: il gruppo attualmente selezionato determina temporalmente e spazialmente il carattere del seguente gruppo; la continuità emerge solo nel momento di un’interpretazione e soltanto allora; la ‘musica’ non esiste al di fuori della sua realizzazione sonora su carta. Questa musica strumentale sfugge sempre più alla ripetibilità della meccanica e quindi anche alla riproduzione (altoparlanti ecc.; nella migliore delle ipotesi si ha una ‘versione’ ma non ‘il pezzo’); e richiede sempre più un interprete, che possa essere così vicino al suono e al silenzio, aperto nel dare una forma, imprevedibile e co-creativo come David Tudor.” (p.69, K.Stockhausen, Texte zu eigenen Werken, zu Werken anderer, Aktuelles, DuMont Dokumente, Band 2)



Brian Eno/Peter Schmidt, Oblique Strategies
Brian Eno, Peter Schmidt, "Oblique Strategies"

generativo 

 

E se fosse il sistema stesso ad arrendersi al caso, a crearlo, senza doversi affidare a un interprete? Negli anni Novanta Brian Eno conia il termine musica generativa per descrivere un tipo di musica sempre diversa e mutevole, creato da un sistema. Nel documentario Artscape (dal minuto 17:27) Eno spiega il suo concetto, definendolo un sistema che continua a produrre una combinazione musicale tra il familiare e il nuovo. La responsabilità dell’artista è quella di inventare un sistema che produca il suo lavoro, invece di creare direttamente l'opera, lasciando che sia il sistema a ricombinare gli elementi forniti in un primo momento. Lui stesso usò questa tecnica per molte composizioni, come ad esempio nell’album Discreet music. Tollerare questa distanza tra intenzione nell’azione iniziale e la sua evoluzione casuale è il principio su cui si basa la ricerca nella musica generativa di Brian Eno, una resa consapevole, permessa con piacere: “Questa idea di resa è diventata sempre più presente nei miei pensieri negli ultimi anni, e ho voluto creare sia arte visiva, di cui mi occupo molto, sia musica, che dica a chi osserva o ascolta: "Qui è dove puoi arrenderti!" Considero l’arrendersi un verbo attivo, nel senso che esiste uno  spettro che va dal controllo alla resa, e il modello dell'uomo post-illuminista ci ha reso sempre più bravi nel controllo. Se pensi al nostro lontano passato genetico, la maggior parte del nostro tempo si collocava all’estremità dello spettro della resa perché non c’era molto che potessimo controllare. Eravamo in balia del tempo, delle creature, della geologia, della geografia e di tutto il resto. Abbiamo dovuto imparare ad arrenderci in una situazione perché quando sei impotente, la sola opzione è seguire il flusso e imparare a navigarlo. Questo è ciò che io chiamo resa attiva”.


Arrendersi, permettere al pensiero di evolversi liberamente e dare spazio a una manifestazione spontanea, non replicabile, è un'idea profondamente radicata nel lavoro di Brian Eno. Le Strategie Oblique ("Oblique Strategies, Over One Hundred Worthwhile Dilemmas"), ad esempio, create da Eno e dall'artista Peter Schmidt nel 1975 consistono in un mazzo di carte con istruzioni e pensieri laterali ("Accept advice", "Do the words need changing?", “Work at a different speed”) che dovrebbero aiutare l’artista a superare un momento di blocco creativo. Tirando una carta a caso, oppure lavorando direttamente con tutto il mazzo di carte, questo metodo induce un’interferenza disruptiva nel processo mentale creativo, utile per sbloccare le idee. Dall’introduzione dell’edizione del 2001:



“These cards evolved from separate observations of the principles underlying what we were doing. Sometimes they were recognised in retrospect (intellect catching up with intuition), sometimes they were identified as they were happening, sometimes they were formulated. They can be used as a pack, or by drawing a single card from the shuffled pack when a dilemma occurs in a working situation. In this case the card is trusted even if its appropriateness is quite unclear...”
"Queste carte sono nate da osservazioni separate dei principi alla base di ciò che stavamo facendo. A volte venivano riconosciuti in retrospettiva (l'intelletto che si mette al passo dell'intuizione), a volte venivano identificati mentre stavano accadendo, a volte venivano formulati. Le carte possono essere utilizzate come un mazzo, o estraendo una singola carta quando si presenta un dilemma in una situazione lavorativa. In questo caso, ci si affida alla carta anche se la sua adeguatezza è poco chiara..."


L’invito a fidarsi della carta, sebbene non sia del tutto chiaro il suo significato in quel momento, equivale a un’accettazione dell’intuizione come opportunità di scoperta e crescita creativa. Eno e Schmidt, cercando di canalizzare il potere dell'inconscio e del caso per aprire nuove strade alla creatività, hanno permesso così l'emergere di nuove connessioni e intuizioni. La categorizzazione di errore non intenzionale viene, quindi, trasformata in terreno di ricerca, permettendo l’affiorare di un dialogo nel presente tra diversi livelli di consapevolezza.





*EDA ÖZBAKAY

È una traduttrice e docente turco-tedesca. Intraprende studi in musicologia negli anni di formazione in Germania, si laurea a Roma in Lingua e Letteratura Inglese e Spagnola. Per Del Vecchio Editore ha tradotto opere di Çiler Ilhan e Burhan Sönmez. Scrive di musica. Autrice per pièdimosca edizioni. Redattrice di zetaesse.

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