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  • Immagine del redattoreZetaesse

Sutra. Seguire il filo di una traccia

di CARLA DI FEO


Zetaesse. Carla Di Feo. “Sutra” deriva dal sanscrito e indica l’insieme delle voci, l’intreccio dei canti. L’associazione con il telaio è facilmente intuibile e così con la tela di Penelope e il filo di Arianna

Sutra nasce come opera xilografica a quattro matrici di legno d’acero, stampate su carta di vario tipo e grammatura, e su tessuto. Ciascuno dei supporti di stampa, in particolare il tessuto di lino, rimandano idealmente all’immagine del telaio a mano. Il disegno intagliato è la traccia della corteccia di un acero scelto per posizione geografica, orientamento e affinità elettiva. È un gioco di specchi e di traduzione di codice in codice seguendo il filo della traccia. La traccia rappresenta il legame minimo consentito affinché continui il passaggio di informazione da un punto a un altro, nel tempo e nello spazio. L’unità costitutiva unica, quello che resta e da cui si parte, la vibrazione cosmica dopo il Big Bang.



Comunemente immaginiamo la traccia come il prodotto di un passaggio, un passato remoto, un a posteriori. Ebbene, la traccia è anche la struttura fondamentale che intuiamo a colpo d’occhio quando guardiamo qualcosa, esattamente quello che il nostro cervello vede a priori: la fragranza di una forma, il modulo generativo, un futuro anteriore. Qualcosa capace di annodare insieme, in un collasso spazio temporale, la causa e la conseguenza, la memoria e l’in-tenzione, l’istante.

L’ opera nasce dalla relazione, dal con-tatto analitico che si sintetizza nella virtualità di un futuro successivo. Il prezioso tessuto, lavorato a mano, appartenuto a una levatrice a me vicina, custodisce già in sé la vita e la morte, la trama e l’ordito, l’ascissa e l’ordinata del mondo. Il termine “Sutra” deriva dal sanscrito e indica proprio l’insieme delle voci, l’intreccio dei canti, e risuona anche nel termine italiano di “sutura”. L’associazione con il telaio è dunque facilmente intuibile così come è quasi spontaneo pensare alla tela di Penelope, alla nostalgia di Ulisse, al filo di Arianna, ad Aracne, a Cloto, Lachesi e Atropo.



Perché proprio il legno d’acero? Questo progetto esprime una volontà di ri-approprazione di un territorio e di una storia: il mio paese e la mia genealogia. Nel territorio picentino da cui provengo, esistono molte specie di aceri montani. L’ occasione scatenante di questo innamoramento è stato proprio osservare un seme d’acero che cade: la spirale del suo volo è il gioco della vita, l’ epifania dei quattro elementi tutti in un istante.





*CARLA DI FEO

«Dopo anni sono ritornata al disegno. Niente altro da aggiungere e ancora tanto da togliere».

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