di GIORGIO GRASSO
Rivoluzioni gastrointestinali – possono prendere le forme più svariate: un rutto, uno scatto, una notte insonne, un pensiero ossessivo, una richiesta d’aiuto. È un processo imprevedibile, e di cui spesso siamo spettatori inermi, perché come molte cose che vengono dalla pancia, a volte ci restano impigliate.
#1 SIXTO RODRIGUEZ – This Is Not a Song, It’s an Outburst or, The Establishment Blues, da Cold Fact (1970).
«This system's gonna fall soon, to an angry young tune, and that's a concrete cold fact». Cantautore indigesto. Molto assai.
#2 LUCIO LEONI – A me mi, da Lorem Ipsum.
Se questo è un volo eccessivamente pindarico non mi interessa. Per mandare giù il nostro che/come/quando/da quando/perché stiamo. Magnesia bisurata potenzialmente necessaria.
#3 CARL ORFF – Estuans interius, da Carmina Burana, (Blomstedt, San Francisco Symphony Orchestra and Chorus).
Altrimenti note come cantiones profanae, cioè del popolo: che qui riflette, molto anacronisticamente, sulla natura della propria incontrollabile iracondia. Una precisa e passionale descrizione di come la rabbia attorciglia le budella: ego medievale.
#4 OFFLAGA DISCO PAX – Cinnamon, da Socialismo Tascabile (2005).
«Perché una cosa va detta: anche se i telefilm erano in bianco e nero, c’era sempre una cosa a colori: la boccia delle chewingum». Dei nostri soliti problemi a smaltire il cambiamento/il futuro/il presente.
#5 SKIP JAMES – Devil got my woman.
Non mi dimenticherò mai, anni fa, all’inizio di tutto – mio padre atterrito urlare per la casa invasa dai decibel: «A chi è che fa male la pancia??».
*GIORGIO GRASSO
Sono nato circondato dalle storie: mai sono riuscito a trattenermi dallo spulciarne avidamente una in più, o dal provocare un racconto ancora. E infatti una storia c’è anche su come sono diventato pazzo di musica, oltre che di storie… C’era una volta una musicassetta; ma essa, ahinoi, un giorno andò distrutta: fu per ritrovarne tutti i pezzi che Giorgio partì alla ricerca della sua musica perduta.
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