di GIANLUCA COLITTA
Primo appuntamento con le pocket foto di Gianluca Colitta. Una raccolta di scatti che - attraverso la mediazione dello smartphone - registra lo straniamento del passeggiatore contemporaneo di fronte alla città, e solleva l’immagine dalla percezione della sua inquadratura.
Sul modo in cui l’uomo privato guarda la folla ci istruisce una breve storia, l’ultima che abbia scritto E. T. A. Hoffmann. Il pezzo si intitola Des Vetters Eckfenster [La finestra d’angolo del cugino], È anteriore di quindici anni al racconto di Poe ed è forse uno dei primissimi tentativi di rappresentare il quadro stradale di una grande città. Vale la pena di sottolineare le differenze fra i due testi.
L’osservatore di Poe guarda attraverso i vetri di un locale pubblico; mentre il cugino è insediato nella propria abitazione. L’osservatore di Poe soccombe a un’attrazione che finisce per trascinarlo nel vortice della folla. Il cugino alla finestra è paralitico: non potrebbe seguire la corrente nemmeno se l’avvertisse sulla propria persona. Egli è, piuttosto, al di sopra di questa folla, come gli suggerisce il suo posto di vedetta in un appartamento sopraelevato. Di lassù egli passa in rassegna la folla; è giorno di mercato, ed essa si sente nel proprio elemento. Il suo binocolo gli permette di isolare scenette di genere. Pienamente conforme all’uso di questo strumento è anche l’atteggiamento interiore di chi se ne serve. Egli vuole iniziare il suo visitatore (come dice egli stesso) «ai principi dell’arte di guardare». Che consiste nella facoltà di dilettarsi di quadri viventi, come quelli di cui si compiace il Biedermeier. Sentenze edificanti forniscono l’interpretazione. Si può considerare il testo come un tentativo di cui cominciava a maturare l’attuazione. Ma è chiaro che esso era intrapreso, a Berlino, in condizioni che non consentivano la sua piena riuscita. Se Hoffmann fosse mai stato a Parigi o a Londra, se si fosse proposto di rappresentare una massa come tale, non avrebbe mai scelto un mercato; non avrebbe dato alle donne un posto predominante nel quadro; e avrebbe forse attinto ai motivi che Poe trae dalla folla in movimento alla luce dei lampioni a gas. Ma non ci sarebbe stato bisogno di essi per mettere in luce l’elemento inquietante che è stato avvertito da altri fisionomisti della grande città. Torna a questo proposito un detto pensoso di Heine. «Heine è stato – scrive un corrispondente nel 1838 a Varnhagen – molto malato agli occhi in primavera. L’ultima volta ho percorso con lui un tratto dei boulevards. Lo splendore, la vita di questa via unica nel suo genere, mi spingeva a un’ammirazione senza limiti, mentre Heine, questa volta, sottolineò efficacemente quel che c’è di orribile in questo centro del mondo».
WALTER BENJAMIN, Di alcuni motivi in Baudelaire, 1938-39
*GIANLUCA COLITTA
Gianluca Colitta è cineasta, fotografo e insegnante italiano. È laureato in Lettere con una tesi in Storia del Cinema. Dal 2004 a oggi ha realizzato video sperimentali, cortometraggi, progetti di fotografie, alcune performance e video-installazioni, e un libro. Ha fondato una società di cinema e arti visive e un blog di immagini, collabora con riviste, insegna italiano agli stranieri, tiene corsi di sceneggiatura. I suoi lavori sono stati presentati in Italia, Belgio, Cina, Romania, Regno Unito, Austria, Spagna, India, Finlandia e Stati Uniti.
Vive e lavora a Bruxelles.
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