di DANIELE GARRITANO
MARLEY
Kevin Macdonald
Cowboy Films, Shangri-La Entertainment, Tuff Gong Pictures, 2012
Ogni mese scompaiono dalla piattaforma Netflix decine di titoli fra documentari, film e serie tv. Non una gran perdita, secondo i cultori di streaming e download selvaggio. Un accenno di malinconia, invece, affiora sulla bocca degli affezionati di questa “scorciatoia” a basso costo, nata dall’intuizione di Reed Hastings (una creatura a metà strada fra il “mondo di ieri” del videonoleggio anni Novanta e l’attualissimo imperativo dell’intrattenimento on demand).
Fra i titoli che stanno per sparire nel momento in cui scrivo (e non saranno più disponibili quando leggerete), ho scelto di concentrarmi su un documentario musicale. I tempi lunghi dei pomeriggi estivi sarebbero l’ideale per ripescare uno di quei prodotti audiovisivi che hanno un po’ di biografia, molte clip con esibizioni dal vivo, interviste a musicisti, produttori e addetti ai lavori. Ecco, dunque, i perché di una scelta che alla fine è caduta su Marley, documentario del 2012 diretto da Kevin Macdonald.
Questo racconto della storia di Bob, il primo autorizzato dalla famiglia (fra i produttori esecutivi c’è anche il figlio Ziggy, oltre alla mitica Tuff Gong, casa discografica fondata dai Wailers), è stato distribuito nelle sale italiane per un solo giorno, il 26 giugno 2012. Avendolo perso al cinema, mi ripromisi di recuperare il prima possibile attraverso la rete degli amici appassionati di musica e cultura reggae. Alla fine, però, non sono mai riuscito a colmare questa lacuna. E ora mi restano solo pochi giorni per farlo.
*DANIELE GARRITANO
Scrive di filosofia, letteratura e scienze umane su riviste italiane e internazionali. Fra le sue pubblicazioni recenti, Il senso del segreto (Mimesis 2016) e l’edizione italiana di Letture della differenza sessuale di Cixous e Derrida (ArtstudioPaparo 2016). È fra i fondatori di ZETA|ESSE.
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