di DIEGO FERRANTE
Quando aveva vent’anni ed era ancora uno studente della Kunstakademie di Dresda, Gerhard Richter lesse Guerra e Pace ricevendone una forte impressione. A colpirlo fu soprattutto il ritratto offerto da Tolstoj del generale Kutuzov e del modo in cui quest’ultimo osservava il funzionamento delle cose senza intervenire attendendo il momento giusto “per dar peso a qualcosa che aveva già cominciato per conto suo”.
Michail Illarionovič Goleniščev-Kutuzov era il generale scelto dallo zar per affrontare la Grande Armata di Napoleone dopo la sconfitta di Smolensk. Una volta assunto il comando, l’anziano generale scelte di evitare battaglie campali per non mettere a repentaglio l’integrità dell’esercito. La sua strategia rimase inalterata anche dopo l’ingresso di Napoleone a Mosca e il successivo incendio della città che aveva spinto i francesi alla ritirata. Kutuzov, infatti, era convinto che il trascorrere del tempo fosse il suo miglior alleato e contava di logorare Napoleone con il concorso dell’inverno e dei partigiani che popolavano le campagne. Si limitò a seguire con cautela la colonna francese in ripiegamento, mentre i cosacchi, nascosti dai boschi, moltiplicavano le loro incursioni. Quando raggiunsero il fiume Beresina i francesi erano ormai allo stremo.
Il ritratto più incisivo di Kutuzov è affidato da Tolstoj al principe Andrej:
“[Il generale] non si farà prendere la mano da nulla di personale. Non escogiterà nulla, non intraprenderà nulla, […] ma ascolterà tutto, ricorderà tutto, metterà tutto al suo posto, non impedirà nulla di utile e non permetterà nulla di dannoso. Egli capisce che c’è qualcosa di più forte e di più importante della sua volontà: è il corso inevitabile degli eventi, e lui sa vederli, sa capirne il significato e, in considerazione di questo significato, sa rinunciare a prender parte a questi avvenimenti, come al suo personale volere rivolto magari ad altro”.
Nel ripercorrere la traiettoria artistica e intellettuale di Richter, sembra che l’artista tedesco abbia provato a riconoscere e seguire le orme di Kutuzov nella neve, cercando a più riprese di mascherare stile e composizione affinché nulla risulti disturbato e tutto rimanga così com’è: “Per questo non pianifico o invento, non aggiungo né ometto nulla”.
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