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  • Immagine del redattoreZetaesse

L'ultima sigaretta

Un giorno all’improvviso m’innamorai di te.

Da dove viene un’ossessione? Dal non poter (più) fare a meno di qualcosa. Desiderio? Bisogno? Forse necessità è il termine più adatto a definire l’urgenza non negoziabile con cui un’ossessione ci si pone d’avanti. Come le sigarette di Zeno: fumarne sempre l’ultima. E poi di nuovo, ancora l’ultima. L’ultima e poi smetto. Sempre l’ultima.

Ultimità impossibile, in fondo un’ossessione non è altro che questo. Impossibile mettere la parola “fine”, impossibile avere l’ultima parola, impossibile farla finita.

La letteratura ci presenta questo tipo di dinamica attraverso i suoi personaggi e le sue immagini. Zeno, (maschera di) Italo Svevo, (maschera di) Ettore Schmitz. Colleziona una piccola serie di fallimenti letterari, come un giocatore seduto al tavolo con l’intento segreto, inconfessabile, di perdere. Mette in scena, nella finzione del romanzo, la genealogia di una nevrosi, una coazione a ripetere che si manifesta attraverso il non poter fare a meno di fumare. «Penso che la sigaretta abbia un gusto più intenso quando è l’ultima». Ogni tre pagine c’è un’ultima sigaretta – l’essenza della compulsione – che mette in scena in modo spettacolare un trattato sulla dipendenza, il sovraragionamento che rinvia a domani la decisione salutare. Smetto, dopo l’ultima sigaretta.

L’ossessione è una malattia causata dalla convinzione. Anzi, è la malattia della convinzione. La vertigine che ci fa fare ciò che non dobbiamo fare, ci spinge fino a fare ciò che non vogliamo fare. Shakespeare: Lady Macbeth che convince il marito ad uccidere il re Duncan. La forza persuasiva delle ossessioni non conosce ostacoli; o meglio: si nutre di ostacoli. Veste la maschera dell’impazienza, dell’urgenza, della lotta contro il tempo. Il suo nemico è l’orologio. Bisogna farlo immediatamente, oggi!

Essenziali diventano i mezzi pensieri, quelli che non pensiamo di pensare: nella lotta con il tempo, l’ossessione dà vita a processi di creazione di congegni inarrestabili, poteri incontrollabili. Il male, la guerra, la distruzione. Freud inizia a parlare di coazione a ripetere a proposito delle nevrosi di guerra. «Non c’è nella natura una passione più demoniaca di quella di colui che trema di fronte a un precipizio e medita di gettarsi» (Poe, The Imp of Perverse). Ossessione, perversione, masochismo, sadismo, violenza del linguaggio prima che degli atti. L’ossessione è una ripetizione che segue la traccia di un ricordo sepolto e attiva il cerchio magico della dimenticanza. Si ripete e si dimentica che si è ripetuto, si ripete e si rinnova l’esigenza della ripetizione; ripetendo la ripetizione. Ripetendo ogni volta per la prima volta.


Zetaesse, Da dove viene un’ossessione? Dal non poter (più) fare a meno di qualcosa. Desiderio? Bisogno? Forse necessità è il termine più adatto a definire l’urgenza non negoziabile con cui un’ossessione ci si pone d’avanti

Nel numero tematico di Zetaesse ci saranno, allora, mille ultimi sguardi dal buco di una serratura immaginaria in mezzo alle quasi-rovine di una città che – attraverso la mediazione dello smartphone – sembra altrettanto immaginaria. È in questo modo che abbiamo interpretato la proposta di Gianluca Colitta, videomaker alle prese con la fotografia di strada. Una raccolta di scatti, la sua, che rende lo straniamento del passeggiatore contemporaneo in una metropoli cupa e respingente, dall’aspetto che a volte sfiora il grottesco.

Microsguardi sono anche quelli di Marco Versiero, che propone una selezione di ritagli pittorici dalle opere di Leonardo. Una mano è una mano è una mano, che ritorna simile e quasi identica in quadri raffiguranti scene diverse in epoche differenti della vita artistica dell’allievo del Verrocchio. Dio è nei dettagli e ogni dettaglio ci osserva identico eppure mai uguale a se stesso.

La gallery di Ilaria Abbiento va alla ricerca di altari contemporanei nei luoghi del commercio. Gli oggetti di consumo fanno da cornice alle immagini sacre come degli ex-voto pagani; il corto circuito avviene nei piccoli interstizi fra la dinamica dello scambio e quella del dono, fra il do ut des per grazia ricevuta e l’affidamento sottinteso da una preghiera silenziosa che può diventare monologo ossessivo.

Domenico Napolitano e Massimo Celani ci regalano due interventi diversi ma vicini per spirito. Qui l’ossessione si fa lingua e si fa corpo: da un lato la lingua mette in atto il suo dispositivo di nominazione, attraverso il quale la prosaica creazione del brand si fa atto quasi divino. E non a caso Celani sceglie il prodotto che più di altri ha ispirato campagne di marketing sussurrate, al limite del silenzio: il profumo.

Nell’altro versante, Napolitano ci mostra l’ossessione per il corpo negli esperimenti sonori di Rudolf Eb.er; il performer austriaco mette in scena continuamente la riproposizione di un trauma originario, che agisce sotto la pelle sempre e da sempre e che chiede ossessivamente di essere tirato fuori, di essere mostrato al mondo intero. Qui il nastro magnetico si mette di traverso, taglia il corpo e ne fa una cavia da esperimento, da testare compulsivamente per sollecitare il limite estremo della sopportazione.

Queste sono solo alcune delle suggestioni visive e testuali che abbiamo raccolto e che faranno parte nelle prossime settimane della nostra galleria ossessiva dalle pareti strettissime, una ricca Wunderkammer, una camera delle meraviglie coatta e maledettamente sorprendente.



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