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© Graciela Iturbide, El senor de los pajaros

STORMI

 

"Visti da lontano, questi voli sembrano nuvole di fumo: ma poi, a un tratto, si esibiscono in evoluzioni stupefacenti, la nuvola diventa un lungo nastro, poi un cono, poi una sfera; infine si ridistende, e come una enorme freccia punta sicura verso il ricovero notturno".

Primo Levi, «Le più liete creature del mondo», pp. 153-154 Ranocchi sulla luna e altri animali


 

La vita all'interno di uno stormo sembra guidata da un richiamo ancestrale. Sotto le pieghe del cielo, gli stormi cambiano forme e traiettorie come per rispondere a un direttore d’orchestra nascosto, a un comando lontano e silenzioso. Nell’attesa di riprendere il viaggio, il loro volo produce una modulazione fatta di avvicinamenti e separazioni. Quante volte siamo parte di uno stormo? A quale gruppo sentiamo il bisogno di appartenere? Quanta libertà possiamo sopportare? A chi confessare la nostra libertà e la nostra solitudine?

La deadline è il 15 novembre

 

Chi fosse interessato e desiderasse proporre un articolo, materiale fotografico o video, illustrazioni  può farlo scrivendo a redazione@zetaesse.org o caricando il file sul modulo in coda alla pagina.

Gli articoli possono essere proposti nei più comuni formati di elaborazione testi (.doc, .docx, .odt, .pages). I contributi scritti non prevedono un limite minimo né un limite massimo, ma si consiglia di non eccedere le 2000 parole. Zetaesse non è una rivista accademica e se ne distanzia anche nella struttura formale dei suoi articoli: al corpo note si privilegiano link diretti e  contenuti multimediali. Per quanto riguarda il materiale visivo, è necessario che i file siano inoltrati a risoluzione minima di 72 dpi.

Nel presentare i contributi, i singoli autori o gruppi di autori sono invitati a inserire le seguenti informazioni:

  • Titolo: sintetico e rilevante per i contenuti del contributo

  • Nome dell’autore o degli autori accompagnato da una breve biografia di presentazione.

  • Recapiti: email del primo autore

  • Abstract (circa 100 parole).


GLOSSARIO

algoritmo (ant. algorismo) s. m. [dal lat. mediev. algorithmus o algorismus, dal nome d’origine, al-Khuwārizmī, del matematico arabo Muḥammad ibn Mūsa del 9° sec.]. – 1. Termine che indicò nel medioevo i procedimenti di calcolo numerico fondati sopra l’uso delle cifre arabiche. Nell’uso odierno un procedimento di calcolo esplicito e descrivibile con un numero finito di regole che conduce al risultato dopo un numero finito di operazioni. 2. In informatica, insieme di istruzioni che deve essere applicato per eseguire un’elaborazione o risolvere un problema. 3. In logica matematica, qualsiasi procedimento che consenta, con un numero finito di passi eseguiti secondo un insieme finito di regole esplicite, di ottenere il valore della funzione per un dato argomento, o di decidere se un dato individuo appartiene all’insieme (o soddisfa il predicato).

 

coreografìa s. f. [comp. del gr. χορεία «danza» e -grafia]. – Arte di comporre i balletti, disegnandone, sulla trama di un libretto, le successive figurazioni dei solisti e dei gruppi, armonizzate con la musica e con varî elementi dello spettacolo, anche – ma occasionalmente – con la recitazione; l’attività stessa di ideazione e direzione di un balletto, e, talora, la sua esecuzione.

 

magnète s. m. [dal lat. magnes -etis (o, come agg., lapis magnes), gr. Μάγνης (λίϑος), propr. «(pietra) di Magnesia (al Sipilo)», in quanto presso tale località dell’Asia Minore vi erano giacimenti di rocce aventi la proprietà di attirare il ferro]. – Nel linguaggio tecn. e scient., corpo magnetizzato (detto comunem. anche calamita), che genera cioè un campo magnetico capace di attrarre oggetti ferromagnetici (per es., pezzi di ferro) a esso avvicinati: qualunque ne sia la forma, il campo magnetico è più intenso in prossimità di particolari zone, dette regioni polari o poli del magnete.

 

màntica s. f. [dal gr. μαντική (τέχνη), der. di μάντις «indovino»]. – Arte della divinazione, nel mondo antico. Come termine filosofico (già presente in Platone per esprimere una capacità «divinatrice» propria delle anime più elevate e superiore alla stessa facoltà razionale), fu adoperato soprattutto dagli stoici, che, concependo tutto l’accadere come preordinato da una divina provvidenza, consideravano il futuro come prevedibile in certa misura (grazie appunto alla mantica), in base agli indizî contenuti nel presente.

 

migrazióne s. f. [dal lat. migratio -onis]. – In genere (come fenomeno biologico o sociale), ogni spostamento di individui, per lo più in gruppo, da un’area geografica a un’altra, determinato da mutamenti delle condizioni ambientali, demografiche, fisiologiche, ecc. In partic.: a. Nelle scienze antropologiche e sociali, lo spostamento di una popolazione verso aree diverse da quella di origine, nelle quali si stabilisce permanentemente (a differenza di quanto avviene nel nomadismo), dovuto, fin da epoca preistorica, a fattori quali sovrappopolazione, mutazioni climatiche, carestie, competizione territoriale con altre popolazioni, ricerca di migliori condizioni di vita vere o presunte, ecc.; in sociologia, con riferimento a fenomeni più recenti, che coinvolgono in genere solo una parte di una popolazione e dipendono da complesse cause economiche e culturali. b. In zoologia, lo spostamento periodico, spesso stagionale, di una popolazione o di parte di essa verso climi o ambienti diversi, che comporta il successivo ritorno (degli stessi individui o delle generazioni successive) al luogo di partenza, ed è in genere determinato dalla comparsa di stimoli specifici, dovuti a variazioni delle condizioni climatiche o ambientali e alle conseguenti modificazioni fisiologiche; si differenzia dall’emigrazione (che non implica necessariamente il ritorno al luogo di partenza), dall’invasione (che consiste nella comparsa irregolare, per tempi e luoghi, di un alto numero di individui), dall’espansione dell’areale di una specie e dalla dispersione degli individui giovani verso nuovi territorî. Le migrazioni possono seguire gradienti altitudinali o di profondità (come nel caso delle m. verticali del plancton, che seguono un ciclo giorno-notte), oppure gradienti latitudinali; in quest’ultimo caso, caratteristico della maggior parte delle specie, sono seguite rotte di migrazione fisse, le quali implicano una capacità di orientamento mediante sistemi di riferimento esterni (topografici, climatici, chimici, astronomici, ecc.) o interni (sensibilità al campo magnetico terrestre). 

 

mòda s. f. [dal fr. mode, che è dal lat. modus «modo, foggia, maniera»]. – 1. a. ant. Modo, maniera: altri finalmente stimano che il lusso sia raffinare le m. di vivere (Genovesi). b. Fenomeno sociale che consiste nell’affermarsi, in un determinato momento storico e in una data area geografica e culturale, di modelli estetici e comportamentali (nel gusto, nello stile, nelle forme espressive), e nel loro diffondersi via via che ad essi si conformano gruppi per i quali tali modelli costituiscono elemento di coesione interna e di riconoscibilità rispetto ad altri gruppi; in epoca moderna tale fenomeno assume caratteristiche peculiari in relazione con l’elevata mobilità sociale, la rapida e vasta diffusione delle immagini tramite i mezzi di comunicazione di massa, la creazione o appropriazione dei modelli da parte dell’industria, che dà loro forma di merci adeguata al mercato internazionale. Come espressione del gusto predominante (tipico di una determinata società) la moda interessa ambiti intellettuali, ideologici, movimenti artistici e letterarî, o, più genericamente, abitudini, comportamenti, preferenze: sulle idee nostre opera talora anche la m. (Galiani). Seguito da una specificazione: m. artistiche, culturali, letterarie; la m. del romanzo d’appendice; la m. della alimentazione macrobiotica; la m. dei fast food. c. Con uso assol., o senza partic. specificazioni, il termine fa in genere riferimento all’ambito dell’abbigliamento nel quale il fenomeno è caratterizzato dal succedersi di fogge, forme, materiali, in omaggio a modelli estetici che in genere si affermano come elementi di novità e originalità: lanciare una (nuova) m.; una m. che si è presto imposta; sono m. passeggere. 2. In statistica, moda (o norma, o anche valore modale o valore normale) della distribuzione di una variabile definita su un insieme discreto di valori, il valore per cui si ha la massima frequenza.

 

moltitùdine s. f. [dal lat. multitudo -dĭnis, der. di multus «molto»]. – 1. Gran quantità, gran numero di persone, animali o cose, riuniti insieme: una m. di gente, di dimostranti; la banda avanzava seguita da una m. chiassosa di ragazzini; una m. di formiche; una m. confusa di suoni, di voci. Meno com., grande quantità di cose astratte: avere una m. di guai, di noie, di preoccupazioni. Anche, insieme di persone, e più raram. di cose, unite da una caratteristica comune e considerate nel loro complesso: in altri luoghi la serenità ordinaria del cielo è compensata dalla frequenza dei terremoti, dalla moltitudine e dalla furia dei vulcani (Leopardi). Con uso assol., folla di persone riunite: parlare alla m.; nella piazza s’era raccolta una m. minacciosa; le grida, le acclamazioni della m.; spesso con sign. più astratto e tono spreg. (con uso analogo a massa): disprezzare l’opinione della m.; distinguersi, uscire dalla moltitudine. 2. Anticam., seguito da un sostantivo al sing., abbondanza, grande quantità non numerica (corrispondente quindi all’astratto di molto): m. di sangue, di pianto, di pioggia.

 

mormorìo s. m. [der. di mormorare]. – 1. a. Rumore lieve e prolungato di acque che scorrono, di rami e foglie mossi dal vento, e sim.: Sentesi un grato m. dell’onde (Poliziano); il m. della foresta. b. In semeiotica, m. (o murmure) vescicolare, rumore caratteristico, dovuto alla penetrazione dell’aria negli alveoli polmonari, che si percepisce nei soggetti normali con l’ascoltazione del torace. 2. a. Suono confuso e indistinto, che risulta dal simultaneo mormorare di più persone: il m. degli alunni in classe; si levò nella sala un improvviso m.; m. di approvazione, di disapprovazione; il passaggio della diva destò un m. d’ammirazione tra la folla. b. Anticam., lo stesso che mormorazione: non curar de’ disonesti m. del popolazzo (Boccaccio)

 

nube s. f. [dal lat. nūbes]. – 1. Ammasso di goccioline d’acqua o di minuscoli cristalli di ghiaccio in sospensione nell’aria, di spessore e densità tali da impedire più o meno la vista del cielo, che si forma negli strati alti dell’atmosfera per condensazione o sublimazione del vapor d’acqua contenuto nell’aria (è parola del linguaggio scient. o letter., sostituita per lo più, nell’uso pop., da nuvola): n. bianche, grigie, livide; il vento spinge, spazza, fa volare le n.. 2. estens. a. Ammasso di vapori diversi dal vapor d’acqua o di vapori misti a materiali solidi: n. vulcanica, ammasso di ceneri e polveri vulcaniche lanciate nell’atmosfera e spesso circolanti a lungo, ad altezze anche notevoli. In astronomia, n. cosmica, denominazione generica sia delle nebulose oscure propriam. dette sia delle masse di materia cosmica assorbente, di estrema tenuità, che riempiono vaste regioni dello spazio internebulare. N. radioattive, di masse d’aria inglobanti prodotti radioattivi di esplosioni nucleari atmosferiche, oppure provenienti da fughe di materiali radioattivie. b. Nell’uso com., di cosa che abbia aspetto e densità di nube: una n. di fumo, di polvere; n. di fiori, di coriandoli scendevano giù dai balconi. 3. fig. a. Cosa o condizione che offusca il potere visivo, o impedisce una chiara e piena conoscenza di qualche cosa: al tremendo colpo, una n. gli calò sugli occhi, e venne meno; i fatti sono tuttora avvolti da una n. di mistero; b. Fatto o situazione che turba la serenità dell’animo o la normalità dei rapporti: uno stato idilliaco senza nubi; n. passeggere, dissapori di breve durata. Anche, espressione del volto che rivela il tormento, la mancanza di serenità interiore.

 

pellegrinàggio (ant. peregrinàggio) s. m. [der. di pellegrino (ant. peregrino)]. – 1. a. Pratica devozionale consistente nel recarsi, da soli o in gruppo, a un santuario o a un luogo sacro per compiervi speciali atti di religione, sia a scopo di pietà, sia a scopo votivo o penitenziale; fare un p. (o andare in p.). Per estens., viaggio compiuto per visitare luoghi considerati significativi dal punto di vista culturale, politico, storico. b. Con sign. concr., non com., l’insieme dei pellegrini che giungono in una volta, viaggiando in treno o con automezzi. 2. Ant., peregrinazione, esilio.

 

ritórno s. m. [der. di ritornare]. – 1. a. L’azione, il fatto di ritornare al luogo dal quale si era partiti o ci si era allontanati: r. a casa, in città; r. dal teatro; r. dal lavoro, dal viaggio; r. sollecito, desiderato, gradito, sgradito; far r., ritornare. Viaggio di r. e assol. ritorno, spesso in corrispondenza esplicita con andata: biglietto di andata e r.; o anche da solo: durante il r. il treno si è fermato per un’interruzione della linea. In espressioni fig.: r. in servizio; r. sulla scena, sulla ribalta; r. (con la memoria) al passato. b. Con sign. più generico, il fatto di tornare dove già si era stati: il r. di una compagnia teatrale in una città; e di avvenimenti o fenomeni varî che si ripresentano: r. di un’epidemia, della guerra; r. di una moda, di un’usanza; spesso con l’idea di periodicità: il r. delle rondini a primavera, il r. dell’estate. Con riferimento al pensiero antico (in partic. allo stoicismo) eterno r., ritmo ciclico della storia. 

 

rivoluzióne s. f. [dal lat. tardo revolutio -onis «rivolgimento, ritorno», der. di revolvĕre]. – 1. Nell’uso scient., per un corpo in movimento intorno a un altro corpo, lo stesso che giro completo; in senso meno proprio è usato come sinon. di rotazione (di un corpo intorno a un asse). In partic.: a. In geometria, superficie o solido di r.. b. In astronomia, il moto di un corpo celeste (pianeta, satellite, compagno di una stella doppia) intorno al suo centro di gravitazione. 2. Mutamento radicale di un ordine statuale e sociale, nei suoi aspetti economici e politici: a. In senso stretto, il processo rapido, e per lo più violento, attraverso il quale ceti, classi o gruppi sociali, ovvero intere popolazioni, sentendosi non sufficientemente rappresentate dalle vigenti istituzioni, limitate nei diritti o nella distribuzione della ricchezza che hanno concorso a produrre, sovvertono tali istituzioni al fine di stabilire un nuovo ordinamento: la r. americana (1776); la r. francese del 1789 (o assol., per antonomasia, la R., gli anni della R.); la r. sovietica o r. d’ottobre (1917); la r. messicana del 1915; la r. cinese (1949); r. bianca, attuata da forze conservatrici o reazionarie. b. In senso più ampio, qualsiasi processo storico o movimento, anche non violento e protratto nel tempo, attraverso il quale si determini un radicale mutamento delle strutture economico-sociali e politiche, o di particolari settori di attività. Con determinazioni specifiche: r. industriale; r. copernicana; r. scientifica. 

 

solitàrio agg. e s. m. [dal lat. solitarius, der. di solus «solo»; dal fr. solitaire]. – agg. a. Che sta solo, e soprattutto che ama star solo, che sfugge la compagnia dei proprî simili: un uomo scontroso e s.; uno giovine gentile, ... chiamato Guido [Cavalcanti]; per estens., un carattere, un spirito s.; vita s.. Anche sostantivato, con riferimento a persona. b. Che è solo, appartato, lontano dagli altri: un viandante, un passante s.. Come s. m., non com., eremita, anacoreta. c. Riferito ad animali, che non vive in branchi o in gruppi. d. Di luoghi, deserto, non frequentato: una strada, una via s.. e. In botanica, di organo o apparato che non fa parte di un complesso; per es., fiore s., quello che non fa parte di un’infiorescenza, come nei papaveri. ◆ Avv. solitariaménte, non com., in modo solitario, in solitudine.

 

volièra s. f. [dal fr. volière, der. di voler «volare»]. – Particolare tipo di uccelliera, costituita da una grande gabbia (in ferro e rete metallica quelle più solide), in cui gli uccelli hanno spazio sufficiente per spostarsi a volo; in alcuni giardini zoologici esistono grandi voliere costituite da volte reticolari in profilati o tubi metallici.

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