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DISTANZE

 

Le distanze si percorrono, si sentono, si misurano. Possono essere prese o ignorate. Sono sempre presenti, fluttuanti e difficili da afferrare. Sono essenziali per la crescita della vita, ma la possono soffocare. Le distanze sono l`interlocutore con il quale ci misuriamo per definire la nostra sfera privata, culturale, emotiva e professionale. Con uno sforzo maniacale si cerca di calcolarle con la massima precisione. Sono mutevoli, sia di forma che di carattere. Siamo noi a definirle o sono le distanze a imporsi e a definire noi?

La deadline è il 30 aprile

 

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Chi fosse interessato e desiderasse proporre un articolo, materiale fotografico o video, illustrazioni  può farlo scrivendo a redazione@zetaesse.org o caricando il file sul modulo in coda alla pagina.

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Gli articoli possono essere proposti nei più comuni formati di elaborazione testi (.doc, .docx, .odt, .pages). I contributi scritti non prevedono un limite minimo né un limite massimo, ma si consiglia di non eccedere le 2000 parole. Zetaesse non è una rivista accademica e se ne distanzia anche nella struttura formale dei suoi articoli: al corpo note si privilegiano link diretti e  contenuti multimediali. Per quanto riguarda il materiale visivo, è necessario che i file siano inoltrati a risoluzione minima di 72 dpi.

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Nel presentare i contributi, i singoli autori o gruppi di autori sono invitati a inserire le seguenti informazioni:

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  • Titolo: sintetico e rilevante per i contenuti del contributo

  • Nome dell’autore o degli autori accompagnato da una breve biografia di presentazione.

  • Recapiti: email del primo autore

  • Parole chiave da collocare subito dopo l’estratto.

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GLOSSARIO

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attaccaménto s. m. [der. di attaccare; l’uso fig. è un calco del fr. attachement]. – L’attaccare, l’attaccarsi. Più com. in senso fig., affezione verso persona o cosa: a. alla vita, al denaro; mostrare a. alla famiglia, agli amici.

 

contròllo s. m. [dal fr. contrôle, ant. contrerole, propr. «registro che fa da riscontro a un altro», comp. di contre «contro» e rôle «registro di atti», che è il lat. rotÅ­lus «rotolo»]. – 1. a. Il controllare e il suo risultato; accertamento di un fatto o dell’esattezza, del corretto funzionamento, della regolarità di qualcosa: fare il c. dei bagagli; i documenti sono risultati in regola al c. b. Vigilanza: esercitare un attento, un severo c.; sfuggire al c. c. Nelle scienze sperimentali, confronto tra un determinato fenomeno, quale si produce normalmente, e quello che differisce per aver subìto interventi di cui si vogliano studiare gli effetti. 2. fig. In sociologia, c. sociale, complesso apparato di norme, generalmente codificate (e più o meno interiorizzate dai singoli), e di strumenti coercitivi, presente in ogni società, finalizzato a identificare, prevenire e punire quei comportamenti considerati devianti rispetto ai valori della comunità. 3. Supremazia, padronanza. In senso fig., capacità di dominare,  guidare, frenare: esercitare il c. sui proprî impulsi; perdere il c. di sé stesso (anche assol., perdere il c.); e con riferimento alla guida di veicoli perdere, riprendere il c. del veicolo, la capacità di tenerlo in assetto.

 

diṡuguaglianza (o diṡeguaglianza; ant. diṡagguaglianza) s. f. [comp. di dis-1 e uguaglianza]. – 1. L’esser disuguale; non uguaglianza, disparità: d. di condizioni, d’età, di valore, di grado; c’è d. fra le due cose; io, che son mortal, mi sento in questa Disagguaglianza (Dante); abolire le d. sociali; mancanza di uniformità: pareggiare le d. del terreno. 2. In matematica, relazione nella quale si afferma che un numero è maggiore o minore di un altro, o che una grandezza è maggiore o minore di un’altra della stessa classe.

 

eccezióne s. f. [dal lat. exceptio -onis, der. di excipÄ•re «eccepire», part. pass. exceptus]. – 1. Caso che esce dalla regola comune, cosa che si distingue dalle altre cose analoghe: fare un’e., eccettuare; fare e., costituire un’e., uscire dalla regola generale; senza e., nessuno escluso: ho provveduto a tutti, senza e.; ogni regola ha la sua e., nessuna regola è assoluta, vale cioè per tutti i casi; l’e. conferma la regola, prov. frequentemente citato; come locuz. aggettivale, d’e., singolare, straordinario; ad e. di ..., eccetto, fuorché: sono tutti d’accordo ad e. di pochissimi. 2. Riprensione, obiezione, difficoltà: non tollero eccezioni; gli hanno mosso molte e.; opporre eccezioni, trovar da ridire.

 

lìmite s. m. [dal lat. limes -mÄ­tis]. – 1. a. Confine, linea terminale o divisoria: il l. fra due stati, fra due territorî; i l. d’un terreno; oltre il l. del bosco. b. letter. Qualsiasi contrassegno (solco, steccato, ecc.) che ha la funzione di determinare il confine di un terreno. 2. a. In senso più astratto, confine ideale, livello al disopra o al disotto del quale si verifica un determinato fenomeno; limiti della vegetazione, superiore e inferiore, le altezze entro le quali si sviluppa un tipo di vegetazione. O l’estremo grado a cui può giungere qualcosa: carico l., velocità l., e più genericam. punto l., caso l., ecc.. b. Sempre con sign. generico, è di uso comune in molte espressioni fig.: la mente umana ha i suoi l.; tenersi entro i l. della legge, della prudenza (usato assol., tenersi nei l., o rimanere nei l., indica in genere temperanza; opp. passare i l., ogni l.); fissare, stabilire i l.; giungere, spingersi all’ultimo l.; senza limite, illimitato: pianure che si estendono senza l..

 

lutto s. m. [lat. luctus -us, der. del tema di lugÄ“re "piangere, essere in lutto"]. - 1. [sentimento di profondo dolore che si prova per la morte di una persona cara e sim.: l. di famiglia, cittadino] ≈ cordoglio. ‖ compianto, pianto. 2. (estens.) a. [scomparsa di una persona] ≈ morte, perdita. b. [evento doloroso che è causa di morte] ≈ disgrazia, sventura, tragedia.

 

meduṡa1 (più propriam. Meduṡa) s. f. – 1. Nella mitologia greca, nome (gr. Μέδουσα, lat. Medusa) di una delle tre Gorgoni: di aspetto mostruoso e capace di pietrificare chiunque la fissasse negli occhi, fu uccisa da Perseo che le mozzò il capo; a partire dall’età ellenistica, la medusa ha il volto di una giovane donna agonizzante che ha serpenti al posto dei capelli. meduṡa2 s. f. [lat. scient. medusa, dal nome della mitica Medusa, per i tentacoli che richiamano i serpenti del capo della Gorgone]. – In zoologia, la forma libera natante caratteristica dei celenterati, che si origina per gemmazione da forme fisse di polipi e rappresenta la fase sessuata di organismi aventi una tipica alternanza di generazioni.

 

metroquadro (in simboli: m2 e più raram. mq) s m. – Quadrato di 1 metro di lato, assunto come unità di misura di superficie, e anche la superficie corrispondente: un pavimento di 24 m2

 

pèlle s. f. [lat. pÄ•llis]. – 1. a. In senso generico, organo di rivestimento esterno del corpo dell’uomo o degli animali e facente parte, con gli annessi cutanei, del sistema tegumentario: Palida ne la faccia, e tanto scema Che da l’ossa la p. s’informava (Dante). Con riferimento all’uomo: p. sottile, delicata, ruvida, lustra; p, madida di sudore, abbronzata dal sole; colore, colorito della p.. b. In locuz. particolari: avere la p. dura, essere resistente a fatiche, a strapazzi; al contr. avere la p. tenera, delicata; essere (ridursi) p. e ossa, in estrema magrezza; non stare nella p., mostrare contentezza o impazienza: Come abbia ne le vene acceso zolfo, Non par che capir possa ne la pelle (Ariosto); non voler essere nella p. di qualcuno, nei suoi panni, nella sua situazione; avere la p. d’oca; sentirsi accapponare la p.. c. Con funzione di locuz. avv., a fior di p., superficialmente, in senso proprio o in senso fig.. 2. Con sign. estens. e fig.: a. Corteccia degli alberi. b. Buccia della frutta o sim.: levare la p. alle pesche, alle patate. c. fig., ant. Aspetto esterno, apparenza, sembianza: La faccia sua era faccia d’uom giusto, Tanto benigna avea di fuor la p. (Dante). 

 

porcospino (raro pòrco spino) s. m. [comp. di porco e dell’agg. spino «spinoso»] (pl. porcospini, ant. pòrci spini). – 1. a. Altro nome comune dell’istrice, ma nell’uso pop. anche del riccio. b. fig. Persona scontrosa o sgarbata, diffidente. 2. P. formichiere, altro nome dell’echidna. 3. Nell’industria tessile, tipo molto comune di apritoio usato nella filatura del cotone.

 

prossèmica s. f. [dall’ingl. proxemics, der. di prox(imity) «prossimità», prob. col suff. -emics di phonemics «fonemica» e sim.]. – Parte della semiologia che studia il significato assunto, nel comportamento sociale dell’uomo, dalla distanza che l’individuo frappone tra sé e gli altri e tra sé e gli oggetti, e quindi, più in generale, il valore attribuito da diversi gruppi sociali al modo di porsi nello spazio e al modo di organizzarlo.

 

respiro s. m. [der. di respirare]. – 1. a. Il respirare, l’alternarsi dei movimenti respiratorî: trattenere il r.; avere il r. corto, affannoso; il suo r. divenne di nuovo calmo e regolare. Spesso iperb. e con enfasi: in questa stanza chiusa mi manca il r.; in mezzo a tutta quella folla si sentì mancare il r.; un’afa, un puzzo che toglie, mozza il r. b. Ogni singolo atto della respirazione: fare, emettere un r.; allargò i polmoni in un profondo r.. c. fig. Sollievo, tregua da impegni affannosi, preoccupazioni: a quella notizia mandò un gran r.; lavorare senza r.. Con altra immagine, nell’espressione largo o ampio r., per indicare in letteratura, arte, musica, ecc., larghezza di vedute, vastità di concezione, forza di afflato lirico: ha messo mano a un’opera di largo r.; una lirica, un dipinto, una composizione sinfonica di largo respiro. 2. In musica, sinon. poco frequente di pausa di breve durata.

 

scrìvere v. tr. [lat. scrÄ«bÄ•re]. – 1. Tracciare sulla carta o su altra superficie i segni grafici appartenenti a un dato sistema di scrittura, e che convenzionalmente rappresentano fonemi, parole, idee, numeri, in modo che possano poi essere interpretati mediante la lettura da chi quel sistema conosca: s. col gesso sulla lavagna; per estens., s. delle note su uno spartito musicale. Più comunem., tracciare parole, numeri e sim. su fogli di carta mediante una matita o una penna: s. una lettera, un biglietto, un promemoria; s. sotto dettatura; s. a mano; s. a macchina, dattilografare. 2. a. Annotare frasi, discorsi, pensieri proprî o altrui: s. la data su un documento; seguo le lezioni scrivendo qualche appunto. Con riferimento al modo in cui tali pensieri e sentimenti vengono espressi da chi scrive: s., stringatamente, con sobrietà; s., sciattamente; s. con stile elegante, ricercato; s. in punta di penna, con ricercatezza; b. Stendere per iscritto, redigere un documento; in partic., comporre un’opera letteraria: s. un romanzo, una poesia; s. in versi, in prosa; s. in un giornale, su una rivista.


sguardo s. m. [der. di sguardare]. – 1. a. L’atto di guardare: rivolgere uno s.; evitare lo s. di una persona, per timidezza, pudore o consapevolezza di colpa nei suoi riguardi; rispondere allo s., guardare a nostra volta chi ci guarda; non degnare di uno s., disprezzare. Frequenti le espressioni dare, gettare uno s., in cui è sottolineata la rapidità, la fretta con cui si guarda: dai uno s. a questo mio articolo; gettò uno s. intorno per vedere se c’era qualcuno che lo conoscesse; com. anche la locuz. al primo s., subito, immediatamente, a prima vista: s’accorse al primo s. che suo fratello gli nascondeva qualcosa. b. Determinando il modo del guardare e il sentimento, lo stato d’animo espresso: s. benevolo, sprezzante; s. timidi, furtivi. 2. Estens. L’esercizio della facoltà di guardare, la capacità visiva: fissare lo s.; fin dove arrivava lo s. non vedeva che deserto; la città è un’enorme produzione di s. non richiesti (Antonio Pascale); anche, la vista, gli occhi stessi: alzare, sollevare, abbassare lo sguardo.

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