CALL FOR ENTRIES
Abbiamo dedicato gli ultimi mesi a esplorare il tema della digestione e allargare la base di zetaesse. Sono cresciuti i contatti, le interazioni, i tempi di lettura delle pagine. Adesso vorremmo compiere un passo ulteriore, spostando l'attenzione su un nuovo tema, quello delle ossessioni. Cos'è un'ossessione? Cos'è che non fa altro che ritornare o che ripetiamo scrupolosamente?
Chi fosse interessato e desiderasse proporre un articolo, materiale fotografico, illustrazioni può farlo scrivendo a zetaesse.redazione@gmail.com o caricando il file sul modulo in coda alla pagina.
Gli articoli possono essere proposti nei più comuni formati di elaborazione testi (.doc, .docx, .odt, .pages). I contributi scritti non prevedono un limite minimo di parole né un limite massimo, ma si consiglia di non eccedere le 2000 parole. Zetaesse non è una rivista accademica e se ne distanza anche nella struttura formale dei suoi articoli: al corpo note si privilegiano link diretti e contenuti multimediali.Per quanto riguarda il materiale visivo, è necessario che i file siano inoltrati a risoluzione minima 72 dpi.
Nel presentare i contributi, i singoli autori o gruppi di autori sono invitati a inserire le seguenti informazioni:
-
Titolo: sintetico e rilevante per i contenuti del contributo
-
Nome dell’autore o degli autori accompagnato da una breve biografia di presentazione.
-
Recapiti: email del primo autore
-
Parole chiave da collocare subito dopo l’estratto.
OSSESSIONI
Immagini, parole e suoni ossessivi. Ossessione è ciò che ti resta in testa, che torna alla mente, che si riaffaccia quando meno te l’aspetti o non la smette di intralciare il corso dei pensieri. E se non ci fosse altro corso se non quello ossessivo che stai sperimentando?
L’ossessione si declina nei modi più diversi e contiene in sé molte contraddizioni. Coazione a ripetere un trauma iniziale per scongiurarlo, ricerca del piacere, prevedibilità delle esperienze messe in sequenza, sorpresa nell’inciampo all’interno della stessa sequenza, ripetizione e casualità. Fissazione dell’idea o tensione continua verso una nuova idea su cui fissarsi.
L’ossessione è un gorgo e al suo interno accade di tutto. Ma… come dire questo tutto senza prestare il fianco al delirio ossessivo?
GLOSSARIO INTRODUTTIVO
rito s. m. [dal lat. ritus -us, affine al gr. ἀριϑμός «numero» e al sanscr. ṛtá- «misurato» e come s. neutro «ordine stabilito dagli dèi»]. – 1. a. Il complesso di norme, prestabilite e vincolanti la validità degli atti, che regola lo svolgimento di un’azione sacrale, le cerimonie di un culto religioso: osservare, seguire il r., ecc. b. Per estens., la cerimonia religiosa stessa, l’azione sacrale: celebrare il r. della santa messa; il r. nuziale; i r. dei pagani; i r. di Venere, ecc. 2. In senso non religioso, prescrizione, cerimonia, usanza in genere: secondo il r., attesero il padre prima di cominciare a mangiare; essere cosa abituale, consueta: è di r.
coazióne s. f. [dal lat. coactio -onis, der. di cogĕre «costringere», part. pass. coactus]. – 1. Violenza morale o fisica fatta all’altrui volontà, in modo da togliere la libertà d’azione. 2. In psichiatria, fenomeno morboso caratterizzato dall’insorgenza di un pensiero o di un impulso ad agire, da cui il soggetto non riesce o fatica a liberarsi, pur giudicandoli futili o inconsistenti. In psicanalisi, c. a ripetere, la tendenza a ripristinare esperienze passate vissute dall’individuo come particolarmente gratificanti: si esprime nei fenomeni di regressione e di fissazione.
tensióne s. f. [dal lat. tensio -onis, der. di tendĕre «tendere», part. pass. tensus]. – 1. L’azione del tendere e lo stato di ciò che è teso: sottoporre un cavo a forte t.; regolare la t. della corda perché dia la nota esatta, con riferimento alle corde di uno strumento musicale; la velocità della freccia dipende dalla t. dell’arco; la t. di un elastico, di una molla, dei muscoli; mettere, tenere in t., e aumentare, allentare la t. di qualche cosa. a. In fonetica, t. articolatoria, e t. muscolare dell’articolazione, la tensione della muscolatura dell’apparato di fonazione 2. a. In elettrologia, t. elettrica, o semplicem. tensione, tra due corpi o tra due punti di un conduttore o di un circuito. b. Per analogia con la t. elettrica anche nel magnetismo si usa spesso l’espressione t. magnetica per indicare una differenza di potenziale magnetico scalare. 3. fig. a. Riferito all’attività intellettuale, il fatto di tendersi, di compiere uno sforzo particolarmente intenso (per trovare una soluzione, risolvere un problema, e sim.). Più spesso, stato di intensa eccitazione o eccitabilità, per lo più connesso con forti preoccupazioni, con l’ansiosa attesa di qualche cosa, con lo struggente desiderio di raggiungere uno scopo o comunque di giungere a una condizione di appagamento che ristabilisca l’equilibrio e la distensione psichica.
ripetizióne s. f. [dal lat. repetitio -onis]. – 1. Nel linguaggio giur., l’azione di richiedere in giudizio una cosa cui si ritiene di aver diritto: r. del danno. 2. L’azione, l’atto di ripetere, cioè di ridire o rifare la stessa cosa, o il fatto di ripetersi, cioè di rideterminarsi di avvenimenti, fenomeni, manifestazioni: r. di un’esperienza, di un tentativo, di un esame, di una gara; r. di un tiro, di un salto. 3. Usi e sign. scient. e tecn. specifici: a. In cinematografia, r. di quadro o d’inquadratura, eseguita una o più volte durante la realizzazione di un film per scegliere poi in montaggio il migliore fra i varî quadri presi o girati. b. Nella scherma, seconda esecuzione di un’azione d’attacco identica a quella appena terminata. c. Nella terminologia psicanalitica, il termine r. (o coazione a ripetere; ted. Wiederholungszwang) indica la tendenza incosciente a ripetere tipi di comportamento passati o abbandonati, anche quando ciò va contro il principio del piacere. d. In linguistica, è in genere sinon. di raddoppiamento o reduplicazione.
piacére (ant. placére, piagére, plagére e altre var.) s. m. [uso sostantivato del verbo seg.]. – 1. a. Senso di viva soddisfazione che deriva dall’appagamento di desiderî, fisici o spirituali, o di aspirazioni di vario genere: mangiare, bere con p.; sentire, provare, avere p. di qualche cosa; guardare con p. il lavoro finito. b. In senso assoluto (come traduz. del gr. ἡδονή e del lat. voluptas), contrapp. a dolore, è il tema, già dall’età socratica, di considerazioni e discussioni filosofiche volte a stabilirne e fissarne la natura, il ruolo che riveste nel comportamento umano, la valutazione che se ne deve fare dal punto di vista etico. c. In psicanalisi, principio del p., uno dei due principî fondamentali del funzionamento psichico (l’altro è il principio di realtà), secondo il quale l’uomo tende costantemente a soddisfare i proprî bisogni al fine di ridurre la tensione che il loro insorgere aveva provocato; nel corso dello sviluppo ciò avviene dapprima tramite la soddisfazione diretta del bisogno, successivamente anche attraverso l’immaginazione e la sublimazione, e in via normale tramite l’adattamento al mondo esterno, in particolare alle persone e agli oggetti capaci di fornire gratificazione pulsionale. 2. Nell’uso ant., la bellezza considerata come l’insieme delle qualità esteriori che suscitano amore.
órdine s. m. [lat. ōrdo ōrdĭnis]. – 1. a. Disposizione regolare di più cose collocate, le une rispetto alle altre, secondo un criterio organico e ragionato, rispondente a fini di praticità, di opportunità, di armonia, e sim.: mettere, tenere in o. le proprie carte, i vestiti; questo libro è fuori o., non si trova nel luogo in cui dovrebbe stare; conservare, variare, mutare, sconvolgere l’o. di qualche cosa; di più persone, mettersi in o., disporsi ordinatamente nelle file o sim. Anche nominando il tutto con riguardo alla distribuzione dei singoli oggetti: mettere, rimettere in o. i cassetti, gli armadi, gli scaffali di una biblioteca. In senso fig., con riferimento a cose non materiali e concrete: rimettere in o. le proprie idee; ha bisogno di mettere un po’ d’o. nella sua vita. b. Con senso più ampio, sistema organico di leggi che reggono l’universo. Con altro sign., o. di natura, o. naturale e, più fam., o. delle cose, il modo in cui normalmente si svolgono gli avvenimenti naturali e umani. c. Modo con cui i varî elementi di una serie si susseguono (o devono susseguirsi) nello spazio, nel tempo o in una successione ideale: o. progressivo; o crescente, decrescente; o. alfabetico; l’o. delle stagioni, degli avvenimenti.
ancóra (tronc. ancór) avv. [prob. dal fr. ant. encore, che è il lat. hinc ad hōram «di là fino a quest’ora»]. – 1. a. Anche ora, anche allora; indica la continuità nella durata di un’azione, di un fatto, di una situazione, e si adopera con verbi di tempo presente, passato o futuro: sono a. stanco del viaggio; ci ripensi a.?; quando tornerai sarò a. qui. Con usi e sign. diversi: per ora: non è a. giunto il momento; per quel tempo. b. Di nuovo, un’altra volta (o più altre volte), per indicare ripetizione di atti: tornerò a. a trovarti; vedremo se oserà a. molestarti; rileggi a. questo passo (specificando: rileggi a. una volta, a. due volte). c Dell’altro, un altro poco; ha chiesto a. soldi; c’è a. inchiostro nella penna?; e in genere per indicare aggiunta: a. un quarto d’ora e ho finito. 2. Come cong., col sign. di anche, persino, spec. per rafforzare un comparativo: ancor più, ancor meglio; grida a. più forte (oppure, ma soltanto nell’uso letter. e ormai raro, in locuzioni come ancor tu sei contro di me e sim.).
ratto (1) Nome comune dei roditori della famiglia muridi e di altre famiglie affini (gliridi, cricetidi); in senso più ristretto il nome è riservato alle specie della sottofamiglia murini, che comprende forme dal muso appuntito, occhi rotondi, orecchie grandi, mano e piede provvisti rispettivam. di 4 e 5 dita, coda lunga rivestita di squame e peli corti e radi. ratto (2) agg. [lat. rapĭdus], letter. – 1. Rapido: E se non fusse il suo fuggir sì ratto ... (Petrarca); ratti quanto potevano (Boccaccio); talora raddoppiato con valore rafforzativo: se ne sono tornati a casa ratti ratti; estens. e fig.: Ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti (Foscolo). ratto (3) s. m. [dal lat. raptus -us, der. di rapĕre «rapire»]. – 1. Sinon. letter. o scient. di rapimento (soprattutto di donne), specifico tuttavia in riferimento a fatti dell’antichità classica (il r. di Elena, da parte di Paride; il r. delle Sabine, da parte dei Romani, ecc.).