NODI
In molti sostengono che l’origine della cravatta risalga alla guerra dei trent’anni, quando i soldati croati, arruolati in Francia da Luigi XIII, portavano al collo un foulard annodato per proteggersi dal freddo. Se diverse evidenze storiche ci riportano a una storia di ramificazioni più complesse che precedono questo circostanze, è indubbio che è dalla corte di Luigi XIV che il nuovo articolo d'abbigliamento si diffuse in tutta Europa, insieme all’abitudine di annodare la cravatta al collo con le due estremità fissate con una spilla. La cravatta divenne quella che conosciamo oggi molto più tardi, nel 1926 a New York, quando Jesse Langsdorf sviluppò un metodo per tagliare la tela con il minor spreco possibile, e l’impiego di tre strisce di seta da cucire in un secondo momento.
Annodare la cravatta è sempre stato un piccolo rito da compiere allo specchio, un esercizio di creatività quotidiana che non ammette distrazione. «Una cravatta bene annodata è il primo passo serio della vita», sosteneva Oscar Wilde. Del resto non è semplice imparare a fare un nodo perfetto. Nel 1999 Thomas Fink e Yong Mao, dell’Università di Cambridge, hanno utilizzato un modello matematico per descrivere la dinamica dell’annodamento di una cravatta, e hanno individuato 85 tipologie di nodi, che spaziano dai più semplici ai più intricati. In questo glossario ti illustreremo le nostre scelte, partendo dai nodi forse più elementari, per arrivare a costruzioni più sorprendenti e controverse. Qual è il tuo nodo preferito?
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GLOSSARIO
annodare v. tr. [der. di nodo; cfr. lat. tardo innōdare] (io annòdo, ecc.). – 1. Unire, congiungere insieme con uno o più nodi: a. due nastri, due funi, due pezzi di spago; a. le scarpe, legarle annodando i lacci. Meno com., a. un filo, una fune, un nastro, farci uno o più nodi: ho annodato il fazzoletto per ricordarmi ciò che debbo fare. 2. fig. Stringere, iniziare un rapporto: a. amicizie, a. una relazione con qualcuno; unire, collegare: a. la trama, l’azione, l’intreccio di un romanzo. Raro, a. una persona, legarla strettamente a sé o ad altri.
calligrafìa s. f. [dal gr. καλλιγραϕία, comp. di καλλι- «calli-» e -γραϕία «-grafia»]. – 1. a. L’arte, affine al disegno, che insegna a tracciare la scrittura in forma elegante e regolare: lezione, esercizî di c.; studiare calligrafia. b. Per estens., modo di scrivere in genere, scrittura, grafia: avere una bella, una brutta c.; ha una c. illeggibile. 2. Nella critica letteraria e artistica, la parola è usata anche col senso di calligrafismo; cfr. i der. calligrafo e calligrafico.
còrda s. f. [lat. chŏrda, dal gr. χορδή «corda di minugia», poi «corda» in genere]. – 1. Organo flessibile, formato di fibre vegetali o di fili metallici ritorti insieme e avvolti in spire di torsione gli uni sugli altri, atto a sopportare sforzi di trazione e usato quindi per fare legature e imballaggi, per sollevare, sostenere o trascinare oggetti, per fare cavi di marina. Locuzioni fig.: reggere la c., aiutare qualcuno in un’impresa e spec. a compiere un’azione disonesta; tagliare la c., scappare, andarsene di nascosto; dare c., dare libertà di fare ciò che uno vuole (per similitudine con gli animali ai quali si dà possibilità di muoversi più liberamente allungando la corda che li tiene legati).
equinòzio s. m. [dal lat. aequinoctium, comp. di aequus «uguale» e nox noctis «notte»]. – Ciascuno dei due punti d’incontro dell’eclittica con il piano dell’equatore celeste, e anche ciascuno dei due istanti (praticamente dei due giorni) in cui il Sole, percorrendo annualmente l’eclittica nel suo moto apparente, passa per essi: e. di primavera, e. di autunno; agli equinozî la durata del giorno è uguale alla durata della notte per tutta la Terra.
gemmazióne s. f. [der. di gemmare]. – 1. In biologia, processo di riproduzione agamica che si riscontra sia negli organismi vegetali (es. saccaromiceti) sia negli animali (protozoi e metazoi) e che si verifica quando il nuovo individuo appare in forma di protuberanza sulla cellula madre, dalla quale poi, a sviluppo completo, si stacca. 2. fig. Nel linguaggio dei geografi, il formarsi, a una certa distanza da un centro abitato originario, di un nuovo centro, e, con sign. concr., il nuovo centro stesso.
gordiano agg. – Di Gòrdio, nome dell’antica capitale della Frigia e del suo mitico fondatore. Usato soltanto nell’espressione nodo g., il nodo che stringeva il giogo al timone del carro consacrato da Gordio a Zeus nel suo tempio, e che Alessandro Magno nel 334 a. C. troncò con un colpo di spada, ottenendo così il dominio dell’Asia, come prediceva l’oracolo a chi avesse saputo sciogliere quel nodo; di qui, in senso fig., difficoltà inestricabile per cui una questione non può essere risolta se non agendo con decisione ed energia: tagliare, troncare, recidere il nodo g., superare una situazione difficile andando direttamente allo scopo senza perdere tempo a voler eliminare ogni singolo ostacolo.
intréccio s. m. [der. di intrecciare]. – 1. a. L’operazione e il modo d’intrecciare: l’i. della paglia; lavori d’intreccio, reti, stuoie, panieri, ecc.; un i. regolare, irregolare, fitto, rado. Anche, la disposizione degli elementi intrecciati e in partic. la disposizione che hanno in tessuto i fili d’ordito e le trame (sinon. di armatura). 2. fig. Unione di fatti, fenomeni, ecc., che s’incrociano, s’intersecano, interferiscono reciprocamente, e sim.: i. di avvenimenti; i. di suoni, di canti; l’i. delle parti, nella musica vocale o strumentale secondo le regole del contrappunto; l’i. delle figure, nella danza, nel pattinaggio su ghiaccio, ecc. In partic., il complesso delle vicende che costituiscono la trama, l’argomento di un’opera narrativa o drammatica: l’i. del romanzo, del poema, della commedia; un i. semplice, complicato.
legame (ant. ligame) s. m. [dal lat. ligamen, der. di ligare «legare»]. – 1. In senso concr., non com., qualsiasi cosa con cui si lega o che tiene legato: sciogliersi, liberare dai legami. 2. a. Più frequente in senso fig., vincolo morale o sentimentale: i l. di parentela, di sangue; l. intimo; l. amoroso. Più genericam., qualsiasi rapporto d’obbligo che limita la libertà d’agire e disporre di sé. b. Con altro uso fig., unione tra più cose concatenate, nesso logico e sim.: il l. delle idee, delle parole. 3. In chimica, l. chimico, l’insieme delle forze che si stabiliscono tra atomi o gruppi di atomi, consentendone la riunione in aggregati per un tempo sufficiente ad accertarne l’esistenza. 4. In psicologia, teoria del doppio l., teoria elaborata dallo psicologo G. Bateson per spiegare patologie del comportamento in un soggetto che abbia ricevuto ripetuti messaggi contrastanti da persona a cui sia fortemente legato da un vincolo di dipendenza affettiva e che si sia quindi trovato a fronteggiare dilemmi psicologici non risolubili.
legare (ant. o dial. ligare) v. tr. e intr. [lat. lĭgare] (io légo, tu léghi, ecc.). – 1. tr. a.Stringere, avvolgere con una fune o un altro mezzo flessibile qualcosa o qualcuno, o più cose insieme, per congiungere, tenere fermo, immobilizzare e sim. (è in genere il contr. di sciogliere, oltreché di slegare): l. la bocca del sacco, l. i capelli con un nastro; gli legarono le mani dietro la schiena. Fig.: l. la lingua a qualcuno, impedirgli o proibirgli di parlare. 2. tr. Con sign. particolari: a. Di libri, cucirne insieme i fogli e fornirli di copertina (v. legatura). b. Di gemme, incastonarle in un gioiello. c. In cucina, addensare con l’aggiunta di un tuorlo d’uovo, di burro impastato con la farina, di fecola di patate o di farina sciolta nell’acqua. d. In musica, eseguire un gruppo di note in legato; applicare una legatura.
memòria s. f. [dal lat. memoria, der. di memor -ŏris «memore»]. – In generale, la capacità, comune a molti organismi, di conservare traccia più o meno completa e duratura degli stimoli esterni sperimentati e delle relative risposte. In partic., con riferimento all’uomo, il termine indica sia la capacità di ritenere traccia di informazioni relative a eventi, immagini, sensazioni, idee, ecc. di cui si sia avuto esperienza e di rievocarle quando lo stimolo originario sia cessato. Per ciò che riguarda i cosiddetti disturbi della m., v. amnesia. Falsificazione della m., la rievocazione falsata (non intenzionalmente) di un ricordo, come si può osservare in rapporto a rievocazioni mnesiche affioranti nel corso di sedute psicanalitiche o di ipnositerapia, oltreché nei postumi di disturbi organici prolungati della coscienza, per es. dopo traumi cranici.
metròpoli s. f. [dal lat. tardo metropŏlis, gr. μητρόπολις, comp. di μήτηρ -τρός «madre», e πόλις «città»]. – 1. Nella Grecia antica, la «città madre» rispetto alle colonie da essa fondate (per es., Corinto rispetto a Corcira, Megara di Grecia rispetto a Megara Iblea). Analogam., in età moderna, lo stato o il territorio nazionale in rapporto alle colonie e ai possedimenti d’oltremare; in questo sign. però la parola è poco usata. 2. a. La capitale, o in genere la città principale di uno stato, di una regione. Per analogia, città a cui sia riconosciuta una particolare preminenza. b. Più genericam., città di notevoli dimensioni, spec. se caratterizzata da un’intensa e dinamica vita sociale, economica, culturale e sim.: le m. statunitensi; la tumultuosa vita della metropoli.
pièga s. f. [der. di piegare]. – 1. a. L’effetto del piegare o del piegarsi, il punto in cui qualcosa si piega: una p. ad angolo acuto; la p. del braccio, del ginocchio; meno com.: la p. di un ramo; la p. della strada. b. Con riferimento a indumenti, stoffe, tessuti, il segno lasciato premendo il ferro da stiro sulle parti piegate l’una sull’altra; anche, il segno che si forma per difetto di lavorazione, oppure per sgualcitura. c. Ruga, grinza nell’epidermide, permanente o prodotta da un movimento, da una particolare espressione: con il passare degli anni si formano delle p. ai lati della bocca. d. In geologia, struttura tettonica che si origina per incurvamento e flessione di strati rocciosi. 2. fig. a. Andamento, modo di procedere verso un fine: prendere una buona, una brutta (o cattiva) p. b. Parte intima, riposta, o non esplicitamente dichiarata: le p. dell’anima, frugare nelle p. dell’inconscio; non l’ha detto espressamente ma lo ha lasciato intendere nelle p. del discorso.
sciògliere (pop. o letter. sciòrre) v. tr. [lat. exsolvĕre, comp di ex- e solvĕre «slegare, sciogliere»]. – 1. a. Disfare un nodo, un legame, un intreccio, liberando, rendendo indipendenti gli elementi che lo costituivano: sc. un fiocco; sc. i lacci delle scarpe. Nel linguaggio marin., sc. le vele, eseguire la manovra di apertura delle vele al vento, anche in senso fig., intraprendere qualche cosa. b. Liberare persone o animali da legami che ne impediscano il libero movimento: sc. il prigioniero, gli ostaggi, i cani. c. Per estens., liberare da quanto impedisce, trattiene o ritarda, 2. Disperdere, dividere e far allontanare persone riunite in gruppo per un determinato scopo: l’assembramento fu sciolto dalla polizia. 3. Porre termine a un’obbligazione di carattere contrattuale o morale. 4. a. Fondere, far passare una sostanza dallo stato solido allo stato liquido: sc. la neve; b. Mettere, portare in soluzione una sostanza: sc. una pastiglia in mezzo bicchiere d’acqua. 5. Con sign. affine a risolvere: a. Chiarire, o superare, qualche cosa di difficile, di complicato: sc. un enigma, un rebus, trovarne la soluzione.
ragnatéla s. f. [comp. di ragno e tela1; cfr. l’espressione sinonima ant. tela ragna]. – 1. Struttura di fili sottili, costruita dai ragni per catturare la preda e formata da una sostanza (seta) contenuta negli organi sericipari allo stato fluido o gommoso la quale, appena emessa dalle filiere, si solidifica all’aria (può essere regolare, di forma e con disposizione dei fili uguale, o irregolare): una stanza, una soffitta piena di ragnatele (anche per indicare l’abbandono, la scarsa pulizia); libri coperti di ragnatele (anche fig., in quanto nessuno li legge).
shibari (縛り shibari) – 1. Intrecciare, tessere; disciplina giapponese che consiste nel legare una persona in un contesto erotico. Evoluzione dalle tecniche dell'hojōjutsu, arte marziale nata per immobilizzare i prigionieri di guerra. Pur essendo nata come pratica sessuale BDSM, viene svolta anche come forma di rilassamento o come forma artistica di scultura vivente.
topologìa s. f. [comp. di topo- e -logia]. – 1. In geografia, lo studio del paesaggio e delle sue caratteristiche per individuare e definire i varî tipi di forme del suolo. 2. In linguistica, lo studio della collocazione delle parole, o di determinate parole, nella frase: problemi di topologia. 3. In matematica, settore della geometria, nato verso la metà del sec. XIX: lo studio di quelle proprietà delle figure che non variano sottoponendo le figure stesse a deformazioni continue (che non provochino rotture né sovrapposizioni di punti); non rientra pertanto nella topologia alcuna nozione di misura (lunghezze, aree, ampiezze, ecc.).
trama s. f. [lat. trama (nel sign. 1 a), voce d’incerta origine]. – 1. a. Nell’industria tessile, il filo (filo di trama) che costituisce la parte trasversale del tessuto. b. Nella filatura, filato a due o più capi ai quali è stata data solo la torsione di insieme (110-130 torsioni al metro). c. estens. Struttura di un tessuto, tipo d’intreccio dei fili di trama e d’ordito: un tessuto, una stoffa a t. larga, a t. rada o fitta. 2. fig. a. Macchinazione, intrigo, azione copertamente volta a un fine: fare, ordire una t.; credete voi che non gli si sarebbe scemato punto l’ardire, quando avesse saputo che le sue t. eran note fuori di qui ...? (Manzoni). b. L’intreccio, la linea essenziale di svolgimento dei fatti più importanti di un’opera. 3. In istologia, termine generico per indicare una fine struttura nella compagine di un organo: t. connettivale, t. vascolare, t. polmonare.
vènto s. m. [lat. vĕntus; le accezioni del sign. 4 dallo spagn. viento]. – In meteorologia, movimento di masse d’aria atmosferica che avviene orizzontalmente, da una zona di alta pressione a una di bassa pressione. Suoi caratteri essenziali sono la direzione, influenzata dalla forza deviatrice dovuta alla rotazione terrestre, dalle irregolarità del suolo e dall’attrito (interno e al suolo), determinata con l’anemometro e indicata con i simboli dei punti cardinali dell’ottante relativo (v. di N, di NE, ecc.); l’intensità o la forza (corrispondente alle velocità, proporzionale al gradiente di pressione e influenzata anche, come la direzione, da latitudine, altezza sul mare e natura del suolo), che si misura in metri al secondo (o, in pratica, in km all’ora o in nodi).